Pubblicata nella collana “Una Generazione di Mezzo”, la monografia documenta l’evoluzione del linguaggio dell’artista bresciano recentemente scomparso. Massimo Uberti (1966-2024) è un artista noto a livello internazionale per la sua indagine poetica e concettuale in cui la luce artificiale, il suo amato neon, è indiscussa protagonista, iscrivendosi nel paesaggio con garbata intensità e chiamandoci a contemplarla nel suo farsi forma e linguaggio. Anche la luce naturale, quella del tramonto e del chiarore delle stelle, dei bagliori urbani e delle albe campestri, è centrale nell’opera di Uberti, dialogando nel e con il neon in una danza aggraziata. Diplomato all’Accademia di Belle Arti di Brera, Massimo Uberti esordisce agli inizi degli anni novanta dopo l’esperienza come membro del gruppo d’artisti dello spazio Lazzaro Palazzi di Milano. Tra i più grandi artisti della luce e del linguaggio in direzione concettuale e ambientale, Massimo Uberti ha ideato e sviluppato, in oltre trent’anni di rigorosa e coerente ricerca, un alfabeto fatto di archetipi e un vocabolario di parole volti a indagare la relazione tra spazio mentale e spazio reale, cosmo e individuo, percorrendo i decenni con un linguaggio poetico e di grande sintesi. Realizzato in collaborazione con Fondazione Brescia Musei, il volume è inserito nella serie di monografie “Una Generazione di Mezzo”, dedicata alla valorizzazione dell’arte contemporanea bresciana, e presenta i contributi di Ilaria Bignotti, Silvia Ferrata, Massimo Uberti, Davide Dall’Ombra.