Venti nature morte di Giorgio Morandi in parti inedite e in parte provenienti da collezioni private che, nel sontuoso scenario di Palazzo Fortuny a Venezia, illustrano appieno quella che viene definita “la pittura del silenzio”. In questi suoi dipinti silenziosi e dimessi tutto appare trasfigurato attraverso un linguaggio elaborato con sensibilissimi accordi tonali, con colori sempre delicatamente (e ambiguamente) intermedi, che vibrano di una luminosità un po’ appassita che sembra venire dall’interno. Le configurazioni tremolanti e fluide degli oggetti combinati fra loro hanno un’evidenza plastica allo stesso tempo chiara e incerta che assorbe lentamente lo sguardo dell’osservatore, emergendo come una sorta di memoria formale sedimentata della materia pittorica. È una pittura che si colloca mirabilmente nello spazio percettivo e mentale che sta fra il visibile e l’invisibile. È un mondo poetico caratterizzato da una singolare visione sospesa e incantata dei dati reali (decantati all’interno della coscienza riflessiva), visione in cui il contenuto non si oppone alla forma ma ne costituisce il senso profondo, intrinseco all’anima espressiva della concezione compositiva.